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Pillole di Bit

#170 – Quando il cloud sparisce

15 min • 21 december 2020

il 14 dicembre 2020 Google si è spento, in tutto il mondo per circa un'ora e mezza. E se non si fosse più riacceso? Che fine avrebbero fatto i nostri dati?

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Il sito è gentilmente hostato da ThirdEye (scrivete a domini AT thirdeye.it), un ottimo servizio che vi consiglio caldamente e il podcast è montato con gioia con PODucer, un software per Mac di Alex Raccuglia

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Ciao a tutti e bentornati all’ascolto di Pillole di Bit, questa è la puntata 170 e io sono, come sempre, Francesco. E’ successo quello che nessuno si aspettava succedesse, ma che in effetti prima o poi doveva succedere. Ve lo assicuro, succederà ancora, perché sistemato questo problema ne verrà fuori un altro che scasserà di nuovo tutto. Ne sono sicuro. Lunedì 14 dicembre 2020 a metà mattina, ora italiana tutti i servizi di Google, tranne la ricerca e poco altro, hanno smesso di funzionare. Nessuno accedeva più alla posta Nessuno poteva più usare i propri file su Google Drive Nessuno poteve vedere le foto memorizzate su Google foto Tutte le videoconferenze con Meet sono state interrotte, sia quelle di lavoro che quelle scolastiche. E’ morto Youtube e sono caduti anche tutti i servizi non di Google, ma che dipendono dall’autenticazione di Google, quelli ai quali accedete con il pulsante “accedi con Google” e non inserendo un vostro utente e password specifico. Insomma, un enorme silenzio. Non solo in Italia, eh? Google ha smesso di funzionare in tutto il mondo. Qualcuno ha spento Google. Ma non è finita qui, perché Google è anche home automation, quindi tutto quello che girava intorno a Nest e compagnia ha smesso di funzionare, campanelli remoti, termostati, videosorveglianza, antifurti, assistenti vocali. Funzionava solo la ricerca, come quando Google è nata. Qualcuno, cercando di accedere alla propria mail ha ricevuto l’errore “questa casella di posta non esiste”. Voi non avete idea di quante certezze siano crollate. Google non è infallibile, ha avuto problemi negli anni, ma a un servizio o a un altro, mai un problema da fermare tutto, contemporaneamente in tutto il mondo. Il tutto è tornato operativo in circa un’ora e mezza. Partiamo da cosa è successo. In base al report ufficiale di Google, di cui vi lascio il link nelle note dell’episodio che trovate sul sito o direttamente sull’app dalla quale state ascoltando il podcast, è successa un cosa talmente banale che il primo pensiero che potrebbe venire in mente è “tutto qui?” Che poi, no, banale non lo è, visto quanto è complesso tutto il sistema di datacenter di Google. Google ha avuto un problema a una quota di un disco, ma credo sia più di una unità logica, che a un certo punto ha detto “ehi, sono piena e qui dentro non ci puoi scrivere più”. Questa unità logica era usata dal sistema di autenticazione globale di Google, quindi con il disco pieno il sistema non poteva più scrivere e questo ha scassato tutto, tutto quello che era dietro all’autenticazione di Google. Adesso, voi immaginate un sistema complesso come quello di Google, decine e decine di datacenter, sistemi di replica, link di collegamento che girano l’intero pianeta e qualcuno che vede i campanelli di allarme, deve capire cosa succede, con il peso di tutti gli organi di stampa mondiale, di tutti gli utenti sui social che scrivono “è morto google” e deve trovare la soluzione. In un’ora e mezza sono tornati su. Ma si sono scassati poco dopo, ne parliamo tra un attimo. Non c’è stato nessun attacco, non è stata colpa dei Russi, non è stato un attacco criminale a buttare giù Google, è stato un errore di un’azienda enorme, un errore grave che ha fermato tutto, ha fatto un sacco di danni ed è stato corretto per far tornare tutto su in un tempo ragionevole. Detto sinceramente, se a me si fosse schiantato tutto il datacenter dove lavoro ci avrei messo almeno sei ore a tirare su tutto, non un’ora e mezza. E io ho una sola sala server con 50 server, non decine di datacenter nel mondo con milioni di server. Hanno fatto un errore e sono stati bravi a recuperare. Non sarei voluto essere nel team che è intervenuto a sistemare il guasto. Un’ora e mezza senza Google, per le persone comuni non ha procurato molti danni, per le aziende qualcosa di più, per alcune ha generato una perdita secca di soldi, soprattutto per chi lavora con le pubblicità di Google. Oggi mi voglio concentrare su una cosa importante, e lo faccio anche per me. Molte persone usano Google, servizio gratuito o a pagamento, come unico repository di dati e di posta elettronica, affidando a questa azienda gran parte della propria vita digitale. Io parlo di Google, ma il discorso vale per chi ha affidato tutto a Microsoft o a qualunque altro provider che è in cloud. Se l’azienda alla quale si affidano i propri dati ha un problema e sparisce, con lei se ne vanno i nostri dati. Tutti. Non si scappa. Anche se l’azienda è un provider di NextCloud, qui non fa differenza, se i dati sono in cloud, quindi in uno o più datacenter non gestiti da noi, il rischio di perdere tutto c’è ed è concreto, lo abbiamo visto tutti lunedì. E’ necessario avere un piano di backup, un modo per poter sopravvivere anche nel caso in cui una mattina ci alziamo e il nostro provider di fiducia, anche professionale, al quale stiamo pagando un abbonamento, non c’è più. Se è fallito o se ha un problema così grave da non poter più ripartire non c’è causa legale che tenga, avere i dati solo da lui potrebbe essere un problema enorme, talmente enorme che potrebbe mettere a rischio la nostra professione. Avere le cose in cloud è comodo, è veloce, ci permette di avere tutto a disposizione ovunque siamo, ma ha i suoi rischi, cosa che con il fermo di google è diventata palese per tutti. I servizi nel cloud ci sono, ma non ci sono per sempre e non ci potranno essere per sempre. Anche se li state pagando, anche se non sono i servizi dei grandi americani del cloud, tipo Amazon, Google, Microsoft Apple. Anzi, se sono piccoli e non hanno molti datacenter, ma solo uno, il rischio è ancora più elevato. Avere tutto a casa e basta è altrettanto sbagliato. Potrebbe succedere che un evento vi distrugga il PC su cui avete messo i dati, o un ladro ve li porti via o altri eventi di questo tipo. Se dovete accedere e proprio in quel momento magari a casa è mancata corrente o Internet, quindi finisce non riuscite a leggerli. Oh, non va mai bene niente! Ma come si deve fare? La soluzione definitiva non esiste, ognuno ve ne darà una diversa, se sentite il parere di più esperti, io posso dirvi qual è la mia. Ma prima vi dico cosa ha combinato Google il giorno dopo, nella serata del 15 dicembre 2020. A un certo punto la quasi totalità delle mail che venivano mandate agli account Gmail, che fossero consumer quindi @gmail.com o professionali, dei piani a pagamento tornavano con un cosiddetto hard bounce, un errore, possiamo definirlo, definitivo: questa casella di posta non esiste. Nei protocolli di posta ci sono diversi tipi di errori, alcuni sono meno gravi di altri. Quelli meno gravi sono del tipo “senti, c’è qualcosa che non va, riprovo tra un po’, ti faccio sapere” Quelli gravi sono come quello di google che vi ho detto poco fa. La casella non esiste, quindi la tua comunicazione non sarà consegnata. Punto. Non c’è via di uscita. Il destinatario, in quanto inesistente non viene avvisato che ha perso una comunicazione. Fino a che il mittente sono io, lo so che quella mail esiste, mi stupisco, domani la rimando, magari chiamo il destinatario e gli chiedo se c’è qualcosa che non va, ma se la mail è mandata da un sistema automatico o da un sistema che manda newsletter, la risposta “questa mail non esiste” fa sì che quella casella venga rimossa dalle liste, senza appello. Senza avvisare nessuno. Questa cosa, forse, è ancora più grave. Esatto potreste essere stati disiscritti da una o più newsletter, se queste sono state mandate in quell’arco di tempo. Torniamo a noi, come ci si mette al riparo dal problema “oh, mi sono alzato stamattina e il mio provider nel cloud non c’è più”? In un modo solo. Si deve avere un backup in locale o da quale parte di tutto quello che ci interessa. Google, nello specifico ha il servizio di Takeout, che può essere pianificato, ogni 2 mesi vi manda un link per scaricare tutti i vostri dati in 40 comodi pacchetti zippati da 2GB, ovviamente la quantità di pacchetti è in base a quanti dati avete dato loro, con le mail in uno scomodissimo formato MBOX, tutte le foto, tutti i dati che avete dentro Google Drive, i video di Youtube e così via. A voi non resta che scaricare tutto, scompattare e mettere in ordine. Circa 2-3 giorni di lavoro ogni 2 mesi. Oppure potreste decidere quali sono le cose più importanti, come ad esempio il contenuto di google drive e metterlo in sincrono in locale con un client che fa come Dropbox (io uso insync, che va molto molto bene, ma è a pagamento e ha una bellissima funzione che converte in automatico tutti i documenti dal formato google al formato office o open document) o usare una delle app all’interno dei NAS e portarvi tutto in locale. Per la porta potreste configurarvi un client di posta in IMAP e tenere tutto sincronizzato su un PC sempre acceso. Lo so, ci va un sacco di spazio, ma è il prezzo della sicurezza. Quanto vi costa, quella mattina, perdere tutti i vostri dati? C’è anche un tool, un po’ complesso da configurare, che si chiama Got Your Back, che vi permette di scaricare tutta la vostra casella di posta con mail ed etichette, pronta da essere ricaricata su una nuova casella google, funziona da riga di comando ed è velocissimo. E’ da veri smanettoni. Se avete la casella di posta con il vostro dominio su Google o su qualunque altro servizio di posta, si presuppone che il dominio sia vostro, basta cambiare un record sul DNS e il servizio di posta elettronica viene spostato sul nuovo provider, questo non è un problema. Ovviamente nessuno vieta di mettere su un sistema che sposti i dati da un servizio cloud ad un altro, le possibilità che muoiano tutti e due lo stesso giorno sono davvero remote, ma a questo punto si deve valutare quanto questo valga la spesa e deve essere chiaro che se manca internet si hanno due copie irraggiungibili Per i dati che ho in azienda? Non lo so, ci devo ancora pensare. Per la parte di home automation vi ricordo che dipendere da qualcosa che funziona solo ed esclusivamente da servizi in rete è davvero una pessima idea. Se le vostre lampadine si accendono solo se Amazon Echo funziona o se i servizi di Tado sono attivi, avete un problema e pure bello grosso. Basta che uno dei servizi smetta di funzionare e avete la casa zoppa e fredda.  Fate un test: spegnete Internet e vedere cosa funziona ancora in casa vostra. Quel che non funziona va sistemato in modo tale che possa essere usato anche senza Internet. Da smanettone io ho tutto dentro Home Assistant, è un servizio Open che ho installato in casa mia, su un PC dedicato, al quale fa riferimento tutta la mia parte domotica, se muore internet, ho comunque il controllo di tutto quello che è automatizzato o controllato. E’ importante, fate questo test e adottate le necessarie contromisure I contatti Come potete contattarmi e interagire con la community del podcast? In un sacco di modi! E’ tutto indicato sul sito www.pilloledib.it col punto prima dell’it, hostato da Thirdeye, se volete mettere anche voi il vostro sito, scrivete a [email protected]. Sul sito ci sono sempre tutti i link di cui parlo in puntata, quindi potete stare tranquilli che li recuperate tutti. Mi trovate su Twitter con gli account pilloledibit o il mio personale cesco_78. Per scrivere cose più dirette e più lunghe c’è la mail [email protected]. La community la trovate sul nuovo forum https://extra.pilloledib.it/forum o sul gruppo Telegram, io, personialmente, preferisco il forum. Se il podcast vi piace potreste pensare a una donazione singola o un abbonamento con importo a scelta, tutte le istruzioni sono sul sito. Potete donare senza spendere, usando i link sponsorizzati di Amazon, che trovate qua e là sul sito. Si può anche sponsorizzare una puntata di Pillole di Bit, le informazioni sono alla pagina https://pilloledib.it/sponsor  E se vi serve una consulenza tecnica informatica, un sito, un e-commerce o altro, tutto fatturato, potete informarvi su www.iltucci.com/consulenza Se non ve ne siete ancora accorti faccio un nuovo podcast, con uscita irregolare e parla di videogiochi, se vi interessa lo trovate su https://pilloledib.it/pdv   Se potete ascoltare questi podcast senza che io sia andato al manicomio dovete ringraziare Alex Raccuglia che con il suo fantastico PODucer per MacOS mi risparmia ore e ore di lavoro di montaggio.   Il tip Visto che abbiamo parlato di dimensioni e visto che i dischi che abbiamo nei nostri PC e anche sui server di Google a questo punto, sono sempre e irrimediabilmente troppo piccoli, vi lascio un programmino per Windows che vi aiuterà a trovare lo spazio occupato e poi disperso: TreeSize, dietro consiglio di Davide Gatti. Se non lo ascoltate, dovreste ascoltare il suo podcast Survival Hacking, davvero molto interessante e istruttivo, ve lo assicuro. Dicevamo, sul disco di un PC abbiamo migliaia di cartelle e solitamente abbiamo sempre il disco pieno. Ma dove stanno tutti questi file? Si apre il programma, gli si fa analizzare il fisco e lui ci darà un bellissimo istogramma mettendo in ordine le cartelle per spazio occupato. Avrete più di una sorpresa e vi garantisco che riuscirete a liberare un sacco di spazio perché magari troverete quella cartella con la copia delle foto delle vacanze di 10 anni fa, o il RIP dei 3 DVD che vi aveva chiesto lo zio del quale non ricordate neanche quando. Il link, come al solito, sul sito, nelle note dell’episodio. Ah, le cartelle di Windows sono grandi, ma andare a cancellare file da lì non è mai una buona idea. Grazie Davide! Bene è proprio tutto, non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento alla prossima puntata, questa volta, dopo le feste, non troppo festose in questo strano 2020. La prossima puntata di Pillole di Bit uscirà lunedì 11 Gennaio 2021. Buon Natale e buon inizio 2021, sperando vada un po’ meglio del 2020. Ciao!
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